Luciano Giustini ragionamenti a lettere..

Sento puzza di zolfo, diceva Paolo VI

Mi è stato detto che seguire con attenzione le
notizie raggiungibili mediante l’internet avrebbe dato la possibilità
di venir tempestivamente a conoscenza del problema. Ne traggo la
lezione che in futuro nella Santa Sede dovremo prestar più attenzione a
quella fonte di notizie.
(Benedetto XVI, Lettera ai Vescovi, 12 marzo 2009)

La grandezza di un uomo si basa anche sulla capacità che ha di cambiare idea. Figuriamoci se si tratta di un papa. Ma questo è solo un aspetto del discorso. Secondo una corrente di pensiero molto di moda in questi tempi, dentro e fuori le sacre stanze, Ratzinger risulterebbe come papa reazionario e conservatore, anzi peggio: restauratore. Una persona molto distante dal sentire comune, impermeabile alle potenzialità dell’era digitale, lontano dall’uomo della strada e dai problemi della vita quotidiana.

E’ evidente a tutti, il difficile ruolo svolto dalla Chiesa in questo
momento storico. Di una cosa, tuttavia, pochi si rendono conto: il pontificato di Ratzinger sta imprimendo segni di cambiamento come mai se ne erano visti prima.. Una persona molto distante dai pensieri della vita quotidiana non scriverebbe mai “traggo la lezione”, e soprattutto una persona che vivesse nell’utopica idea di una restaurazione non scriverebbe mai una lettera come quella che Benedetto XVI ha inviato ai vescovi di tutto il mondo, lettera che invito a leggere con attenzione.

Qui mi piace porre l’attenzione su due elementi che ho trovato interessanti.

Uno risuona molto importante per la sensibilità di un cattolico, ed è il passaggio – sopra citato – nel quale il papa non solo non incolpa nessuno della confusa vicenda della revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani, ma ammette di aver trascurato un canale, Internet, sul quale i suddetti vescovi, in particolare Williamson, imperversavano con interviste negazioniste ed altre amenità del genere. Questo passaggio pone da una parte una continuità con la lungimirante apertura che già ebbe Giovanni Paolo II molti anni fa riguardo alla rete, ma soprattutto si richiama a quell’importantissimo messaggio pronunciato da Ratzinger nello scorso Gennaio che afferma “Il Web è un dono di Dio“, che sposta il baricentro dell’azione del popolo cristiano in modo molto netto e preciso a favore di Internet, risultando come invito e sprono per i cattolici ad impegnarsi ed a informarsi nella rete, impegno che fa perfino suo.

Il secondo elemento è che, proprio quella vicenda ha messo in luce come
le critiche più dolorose e feroci non siano venute dal popolo
cristiano, pur legittimato a farlo, quanto internamente dai vescovi, i
quali dovrebbero conoscere meglio di chiunque altro le dinamiche
interne alle decisioni del papa, le sue motivazioni, le norme religiose
cui fa riferimento, che ha dovuto quasi spiegare da capo. E
soprattutto sono corsi a prendere le distanze dal moto di paterna misericordia che ha spinto a togliere
quella scomunica che gli veniva richiesta da tanti con tanta insistenza. E questo mentre su Internet…
Come ebbe a dire Paolo VI nel lontano 1972, quando sembra entrare il fumo di Satana
nelle stanze del Vaticano, fa danni.

Inutile cercare rimproveri
precisi, ognuno sa come e quanto si sia mostrato più o meno ostile o
disinformato in cuor suo, ma la cosa importante non è che l’unità si
sia incrinata, o che qualche fumignolo si manifesti, ma che
incomprensione, ignoranza, confusione, aspetti contro i quali
Ratzinger combatte, si trovino in quelle stanze.



Dunque si diceva, del difficile ruolo svolto dalla Chiesa in questo
periodo storico, ed in differenti contesti geografici. Il rischio è del tutti contro tutti, esattamente il
contrario dell’ideale di fratellanza e umanità tipico del messaggio
cristiano. In realtà sappiamo che è invece lo stato utopico verso cui
in generale tende l’umanità, quello della felicità, a risultare
impossibile: il male e la sofferenza sono inestinguibili dal nostro
vivere. Ma c’è una tensione al bene
e alla gioia interiore nel nostro sentire quotidiano, e se c’è un nodo
attraverso cui passa questa possibile gioia e speranza interiore, è l’ascolto.

Ad
esempio, questo è ciò che rende attraente il ruolo di Obama. Apparentemente, il giovane
presidente americano sembra “fare di testa sua”, ma questo è dovuto
solamente al contrasto con l’ottusa politica perseguita da George W. Bush: in
realtà, il suo agire, perlomeno quello che si vede all’inizio del suo
mandato, è esattamente il “sentire comune” in America in questo
momento, quello che lo ha portato ad ottenere l’entusiasmo dei
democratici come anche di parte dei repubblicani, e, infine, di quasi
la metà dei cattolici a stelle e strisce. Obama incindentalmente sta
mantenendo tutte le sue promesse elettorali: impegno per la battaglia ecologica, ma anche ripristino del via libera alle pratiche abortive, rifinanziamento alla sperimentazione sulle cellule staminali..

Insieme all’interesse per la felicità, il tempo in cui viviamo porta con sé il culto per il “personalismo” – più che per la persona. Questo personalismo di fatto rende molto pericolosa la concettuale dipendenza tra ciò che interessa alla persona e ciò che interessa allo Stato, e delle interazioni con gli enti commerciali.

Per questo, il suo quindi è un ascolto attento sì, ma accompagnato dal rischio di non
essere mediato da pari attenzione ai temi etici. Solo il tempo dirà
quanto e come Obama riuscirà (e se riuscirà) ad ascoltare le molteplici voci
di un popolo coniugandole con la coscienza morale che possiede e che si è assunto il diritto-dovere di difendere.

Questo in fondo ci conferma che la battaglia, ovunque si combatta, sarà dura.

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