Il clima sulla terra

Rassegna Stampa

GAS SERRA

Gas che provocano l'effetto serra. Quelli principali sono: anidride carbonica, metano, protossido d'azoto. La concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera, stimata in 280 ppm (parti per milione) prima della rivoluzione industriale, è aumentata da 317 ppm (1960) a 368 (1999)

MISSION TRADING

Significa "commercio di emissioni". È la possibilità per i Paesi industrializzati, prevista dal protocollo di Kyoto, di acquisire da altri Paesi il diritto alle emissioni. Questa condizione rischia però di creare pericolose scappatoie per gli stessi Paesi che vi ricorrono

SINKS/SERBATOI

La Terra è in grado di assorbire parte dell'anidride carbonica, presente nell'atmosfera, attraverso serbatoi naturali come gli oceani e le foreste. L'aumento e la cura del serbatoio forestale sono alcuni degli strumenti previsti per fronteggiare il dramma dei cambiamenti climatici

TEMPERATURA MEDIA

Sta salendo costantemente e si prevede che possa aumentare entro la fine del secolo di circa 6°C. Significa che, nei mesi caldi, ci sarà la possibilità di variazioni anche molto superiori alla media: in Italia si potranno avere frequentemente temperature oltre i 40°C

ENERGIE RINNOVABILI

Sono quelle energie che non diminuiscono con l'uso. Si tratta di vento, irradiazione solare, energia geotermica e idroelettrica, moto ondoso e maree, che non producono gas serra. La sola energia solare è pari a due volte e mezzo tutte le riserve fossili mondiali

Articoli


Per l'ozono traguardo raggiunto Il buco si è quasi richiuso Quel grado in più che sconvolge il clima

Corriere della Sera 25.08.2002

E' l'aumento medio da inizio '900, fra 100 anni potrebbero essere sei: bruciamo troppi combustibili fossili

Una pressione del pollice sul telecomando, la tv si accende e in quell'istante ha inizio un prodigio di tecnica, ingegneria e mercato: il «ciclo» dell'energia. Un segnale passa dai fili che corrono dentro le pareti di casa alla linea elettrica esterna e poi al trasformatore giù in strada, che lo dirotta sui cavi dell'alta tensione, verso la grande centrale elettrica. E' da qui che partono gli «input» agli impianti per la produzione di energia alimentati a carbone o alle turbine a gas. A seconda di quanti televisori, interruttori ed elettrodomestici si accendono, l'azienda elettrica di ogni città o Paese trasmette ordini d'acquisto alle compagnie che estraggono carbone o che pompano gas metano in condutture lunghe migliaia di chilometri. E così, dal salotto di casa, tutti quanti, senza dolo, diamo il nostro contributo quotidiano alla «produzione» dei cambiamenti climatici che sconvolgono il mondo. Il problema è che parallelo al ciclo dell'energia corre quello delle emissioni dannose. Per produrre elettricità, alimentare fabbriche o muovere mezzi di trasporto l'uomo brucia molti combustibili fossili. Petrolio, gas e carbone sono le fonti da cui attingiamo l'80% circa dell'energia che usiamo. L'anidride carbonica e gli altri gas frutto della combustione di queste sostanze sono i principali responsabili dell'effetto serra. Che a sua volta provoca l'aumento della temperatura media della Terra, salita di circa 1°C da inizio '900 (potrebbe aumentare di altri 6°C entro la fine del 2100). Le conseguenze sono note: i ghiacci si sciolgono, i mari si alzano, i deserti avanzano, i fenomeni climatici estremi si ripetono sempre più frequenti. Il paradosso è che anche chi non ha accesso ai moderni servizi energetici contribuisce al degrado del sistema Terra. Due miliardi di persone - 1/3 dell'umanità - distribuite nelle aree rurali dei Paesi poveri bruciano legna o biomassa. Combustibile a buon mercato ma che impoverisce le foreste, provoca malattie polmonari mortali e non serve a migliorare gli standard di vita di chi lo usa. Ed ecco che, da causa del problema, l'energia diventa soluzione. Perchè solo quando questa parte dell'umanità potrà disporne graverà meno sull'ambiente: chi ha fame e lotta per la vita non può pensare troppo al bene del pianeta. è un dilemma: senza energia non c'è sviluppo, ma produrla in questo modo è pericoloso. Ormai lo dicono anche gli scienziati di Paesi, come gli Usa, refrattari a mutare politica energetica. Per questo uno degli obiettivi di Johannesburg è sancire che entro il 2010 il 10% dell'energia mondiale dovrà venire da fonti rinnovabili. La storia dice che scadenze e obiettivi fissati a livello internazionale sono uno strumento d'azione efficace. Del buco dell'ozono, spauracchio degli anni '90, non si parla più perchè grazie al Protocollo di Montreal '87 la produzione di sostanze dannose per l'ozono nel 2000 era calata dell'85%. L'arma contro il surriscaldarsi del pianeta è il Protocollo di Kyoto. Siglato nel '97, attende tutte le ratifiche necessarie per entrare in vigore. Chi sa che l'obbligo di emettere meno gas serra non acceleri lo sviluppo di energie alternative, rinnovabili e pulite.


«L'uomo è colpevole al 60%, la natura al 40»

F.F.M. (Corriere della Sera, 25.08.2002)

JOHANNESBURG - «Abbiamo analizzato gli ultimi duemila anni di storia del clima: i periodi più freddi e quelli più caldi. Ebbene, la seconda parte del 1900 è decisamente atipica. Non c'è nessun secolo precedente che mostri una tendenza così marcata all'aumento delle temperature». Il climatologo Pieter Tans mostra i grafici che comprovano la febbre della Terra dopo averli presentati alla platea degli scienziati dell'annuale convegno sulle «emergenze planetarie» di Erice. La Noaa, National Oceanic and Atmospheric Administration, con sede a Boulder, Colorado, dove Tans lavora è uno dei centri più qualificati della climatologia internazionale. Quanta parte del recente surriscaldamento è dovuta all'uomo e quanta a cause naturali? «Sono convinto che la maggior parte sia dovuta all'uomo. Se dovessi quantificare con una cifra, direi che il 60% è colpa nostra, intendo dire delle attività energetiche, industriali, agricole eccetera; il restante 40 dipende da cause naturali. Queste ultime molto complesse e ancora da capire a fondo nei loro meccanismi di azione». Fra le nostre colpe, qual è la più grave? «Il ritmo impressionante con cui estraiamo e bruciamo carbone, gasolio, petrolio e gas naturale, facendo crescere le concentrazioni in atmosfera di anidride carbonica, il principale fra i gas serra. Tutti questi combustibili fossili hanno origine da antiche vegetazioni e batteri rimasti sepolti negli strati della Terra per milioni di anni. Noi, in pochi decenni, stiamo liberando nell'atmosfera l'anidride carbonica che quegli antichi organismi avevano accumulato nel corso di ere geologiche». E fra le cause naturali del surriscaldamento terrestre? «Le variazioni di energia del Sole, e il cosiddetto "vento solare", un flusso di particelle che arriva sulla Terra e influenza il nostro campo magnetico e, di conseguenza, anche l'atmosfera. Ma anche processi geologici come la formazione delle montagne, il vulcanismo, la capacità di assorbimento dell'anidride carbonica da parte degli oceani, la formazione delle nuvole. Il problema è di stabilire quali sono le reciproche influenze dei fattori naturali e di quelli umani. Ci vorranno ancora un paio di decenni per capire a fondo». Nel frattempo, continuiamo con il solito andazzo? «Sarebbe insensato. Se limitiamo l'uso dei combustibili fossili e le emissioni di gas serra, comunque avremo ridotto l'inquinamento e migliorato la salute dell'umanità. E' pericoloso rinviare l'azione: infatti, potrebbe portarci su una strada che è senza ritorno perchè i processi di surriscaldamento, una volta che vengono innescati, potrebbero diventare irreversibili o comunque persistere per secoli».


Il professor Bologna sulla proposta Bush: «Disboscare contro gli incendi? Gli alberi sono già pochi»

«Per ogni uomo è rimasto solo mezzo ettaro di foresta»

«Abbattere gli alberi per far fronte all’emergenza incendi? Francamente mi pare un progetto insensato». Il professore Gianfranco Bologna, docente a contratto presso la Scuola di specializzazione in gestione delle risorse naturali di Camerino, non usa mezzi termini per definire la proposta lanciata da Bush. Si trova in Sudafrica da un mese, in visita di studio al Parco Kruger, ma è in partenza per Johannesburg. Il presidente degli Stati Uniti ha avanzato questa idea nell’ambito di quella che lui ha definito un’«iniziativa per la salute delle foreste ».
«Glielo ripeto: questa proposta non ha nessun senso. E non ce l’ha perché noi, in questo momento, abbiamo al contrario la necessità di salvaguardare in tutti i modi le foreste esistenti. Anche prendendo per buona la definizione estensiva di foresta data dalla Fao (che è concepita in modo da includere anche alcune aree predesertiche, ndr ) oggi nel mondo ci sono rimasti 3,9 miliardi di ettari di foreste, pari a una media di 0,6 ettari pro capite. Una media calcolata in base ai 6,2 miliardi di abitanti della Terra attuali. Ma se si pensa che in base alle stime dell’Onu nel 2050 la popolazione dovrebbe raggiungere quota 9,3 miliardi...».
Tuttavia in molti Paesi si pratica una deforestazione controllata .
«Controllata appunto. Il che significa che, come in Scandinavia, si tagliano principalmente gli alberi che si piantano. E il legno viene venduto con un marchio di garanzia, il cosiddetto Fsc, che certifica la sua provenienza da boschi nei quali non si pratica una deforestazione selvaggia. Gli Usa, che pure sono un grande esportatore di legno, non sono certo in prima fila sul fronte della certificazione».
Il presidente Bush ha anche difeso il ricorso al metodo degli incendi controllati per rigenerare boschi e foreste.
«Esiste una ecologia del fuoco, ma è una disciplina molto controversa. In alcune zone dell’Australia, per esempio, questa tecnica viene adoperata per far germinare i semi. Ma si tratta di casi molto particolari. In generale, invece, noi stiamo assistendo in tutto il mondo a dei fenomeni di estremizzazione climatica, sia dal lato della siccità che da quello delle alluvioni, che rendono ancor più importante preservare le piante. Mentre ogni anno - anche questo è un dato Fao - vengono deforestati 14,6 milioni di ettari di boschi».
(Orsola Riva)