Luciano Giustini ragionamenti a lettere..

Fakebook

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(pic from The Wall by Matt)

Siete sicuri che la persona con la quale state scambiando sensazioni, emozioni, pensieri, e informazioni in questo momento su Facebook sia veramente chi dice di essere? Certo, perché probabilmente domani la incontrerete al lavoro, o a casa, o la sera in compagnia di amici, o vi telefonerete..

Ma quante delle vostre amicizie su Facebook sono persone conosciute realmente?

Secondo alcune stime sul social network oramai in crescita esponenziale, ed al di là delle considerazioni sociali dell’amicizia facebookiana, in media solo poco più della metà delle persone contenute nei contatti fa parte del giro di amicizie “reali”. La restante parte, molto corposa, è composta da “amici” che non si conoscono fisicamente. Niente di nuovo: basta pensare ai blog, nei quali questa percentuale è molto più alta. Nei diari online, infatti, si scrivono tutti i giorni sensazioni, emozioni, pensieri e dati e, spesso, non sappiamo neanche chi li legge. Almeno, si dirà, su Facebook si ha un’idea di chi ci frequenta.

Non sempre è così. Innanzitutto, Facebook è un sistema proprietario, nel quale non si può disporre neanche dei dati di accesso al proprio profilo (cosa che invece è disponibile per oramai qualsiasi blog, o sito personale sul Web), è anche vero che se si eccettuano i profili più noti che ormai sono presidiati dai veri autori che ne utilizzano i dati (e attori e attrici famose hanno decine di profili “ufficiali” dei quali quello vero, quasi sempre, è invisibile), recentemente la moda di creare profili con false identità (“fake“, dall’inglese falso) perfettamente simili a quelle reali sta diventando crescente di pari passo col successo di Facebook.

Intendiamoci, dietro queste identità c’è ovviamente una (o più) persona in carne ed ossa, ma l’aspetto negativo è che pensiamo di comunicare con una persona e invece stiamo comunicando con un’altra, che può essere un uomo, una donna, un giornalista in cerca di informazioni, uno stalker, uno 007

Il problema è che Facebook, al pari di qualsiasi altro social network, non ha un sistema di controllo della reale identità di chi si iscrive (al di là della verifica di un numero cellulare, peraltro non obbligatoria). I controlli e le relative contromisure vengono prese solamente nel caso di personaggi famosi, e spesso solo quando questi lo segnalano. Le fan page simili a profili sono nate anche a causa di ciò: in fondo, un ovvio escamotage per evitare il furto di identità famose – una fan page fasulla si scoprirebbe subito.

Ma per gli altri?

Recentemente è capitato su Facebook il caso di una ragazza
che si è presentata come una cattolica praticante molto legata ai culti
tradizionali. In pochissimo tempo si è creata un’ottima reputazione tra
i gruppi tradizionalisti, è intervenuta con note autoriali, alcune
anche intelligenti e profonde, ha messo una foto graziosa, ha
pubblicato diverse immagini che la ritraevano in momenti di vita vissuta.
Tutto estremamente credibile, e forse anche vero.
Per estendere rapidamente la sua rete
di contatti su Facebook, ha utilizzato il metodo delle amicizie in
comune. Spesso, se si chiedeva alla persona in oggetto “La
conosci?” questa rispondeva “No, ma ho visto che era amica con te, ed
ho accettato”. Apparentemente, nessuno in realtà l’aveva mai conosciuta di persona. Ad
un certo punto, all’improvviso, il suo profilo è scomparso, e le indagini sui motivi sono ancora in corso.

Al di là del singolo caso, è interessante notare quanto il metodo della reputazione sia utilizzabile e ampiamente sfruttabile su Facebook. La reputazione è una delle cose
più importanti da ché esistono le comunità umane, e c’è da sempre anche
su Internet, ma si potrebbe dire che da quando ci sono i social network
essa è divenuta ancora più importante.



Quando si ha a che fare
con uno sconosciuto, una persona che vuole approfondire
una conoscenza, noi richiediamo inconsciamente una base di informazioni: nella
vita reale, si inizia dall’aspetto fisico (benché stentiamo a
riconoscerlo, è sempre il principale elemento di valutazione) e poi si
prosegue con la conoscenza verbale, intellettuale ed eventualmente
confidenziale.
Il fattore più importante, però, rimane la reputazione: se vi è uno o
più amici che reputano positivamente o negativamente la persona, questo elemento
ci influenzerà, spesso più di quanto ce ne possiamo rendere conto..

Nel mondo virtuale, non c’è la fase fisicamente detta, ma vi è un
approccio simile, creato con i dati che quella persona ci mette a
disposizione: foto, informazioni, preferenze, ecc. Questo è il motivo
dell’enorme successo di Facebook: la promessa di serietà data dalla
presenza di profli “reali” esprime il bisogno di contatto con una
persona corrispondente in carne ed ossa. Niente più nickname e foto
poco realistiche, niente informazioni scarne e poco credibili di
personaggi conosciuti chissà come. Su Facebook c’è nome e cognome, data
di nascita, orientamento politico, credo religioso, situazione
sentimentale, eventualmente indirizzo, posto di lavoro, università,
interessi, fatti personali, amicizie, simpatie, ecc.

Quello che
accomuna le due situazioni è l’indice di reputazione posseduto dalla
persona. Un indice non calcolabile, (non come il “pagerank” di Google,
ma simile) costituito dall’insieme di amicizie in comune e di
informazioni disponibili sul conto di questa persona. Questo indice
spesso viene utilizzato inconsciamente per creare nuove relazioni.
Bastano un paio di esempi per renderci conto della sua funzione:

1)
Una persona sconosciuta vi chiede amicizia. Vedete che tra questa e voi
ci sono 27 amici in comune. Ne deducete che è  “del giro” (di qualunque
giro), in altre parole il suo indice di affidabilità reputazionale è
dato dal fatto che altre 27 persone che voi conoscete, facenti parte di
un determinato ambito, hanno reputato questa persona a sua volta
affidabile.

2) Un persona sconosciuta vi chiede amicizia, ma è
un nome “noto”. Non lo avete mai visto di persona, ma è molto attivo su
Internet, è seguito da molte persone, ha un sito gradevole e scrive cose sensate: valutate come
alto il suo indice reputazionale.

In
nessuno dei due casi, probabilmente, avrete sbagliato, aggiungendo
nella vostra cerchia di amici due persone che potrebbero essere
interessanti da conoscere, e con le quali intrecciare uno scambio
costruttivo di idee o di sensazioni.

Ma cosa accadrebbe se una
persona studiasse a tavolino la costruzione di un indice reputazionale?
Inizialmente non ce ne accorgeremmo, perchè il metodo della reputazione
è automatico. L’unico argine, in effetti, è quello di applicare di
volta in volta il meccanismo che useremmo nella vita reale, constatando
l’effettiva reputazione di una persona che ci chiede amicizia. Il più
delle volte è un meccanismo positivo, perché consente di entrare in
contatto con persone che utilizzano l’indice reputazionale di un amico
fidato.

Ma nella restante parte dei casi se quella amicizia di
persona non l’avete mai conosciuta, e neanche i vostri amici reali lo
hanno mai fatto, i dati di cui disponete sono solo quelli che quel
soggetto vi mette a disposizione.

Potrebbe essere il momento di
rimettere in funzione il metodo reputazionale, ed ottenere più
informazioni sulle amicizie virtuali: iniziate a conoscere meglio il
vostro vicino di profilo, il villaggio globale serve a questo.

Marck Zuckerberg, il fondatore di Facebook ha detto una volta: “su Facebook non dite nulla di voi che non direste a un perfetto sconosciuto sull’autobus“.

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