Luciano Giustini ragionamenti a lettere..

La sconfitta del vecchio centro

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Spende molte e loquaci energie per spiegare le sue alleanze variabili e multiformi. Può rivendicare il suo apporto determinante in Liguria (con la sinistra) e nel Lazio (con la destra). Ma appare irrilevante in Campania e Calabria (senza parlare della Puglia, il teatro di un grande pasticcio). E in Piemonte perde nel fronte comune anti-Lega, attirandosi pure le rimostranze della Chiesa spaventata dalla laicista Mercedes Bresso. Fa l’anti-Bossi, ma Bossi stravince. Spara a zero sul bipolarismo malato. Tuttavia gli italiani non sembrano poi così scontenti del gioco bipolare.

Così Pierluigi Battista su “Le
pagelle a vincitori e vinti (non solo politici)
” sul Corriere della
Sera del 31 Marzo scorso (consiglio di leggerlo tutto) a proposito di Pierferdinando Casini.

La vittoria nel Lazio è arrivata per una differenza percentuale
nell’ordine delle decine di migliaia di voti: 1.260.466 Renata Polverini
(centro-destra), contro 1.184.501 di Emma Bonino, 75.965 voti di
differenza, 2,82% di scarto. L’invito pressante ripetuto da molti
cattolici ad andare a votare, ed eventualmente utilizzare anche il voto
disgiunto cercando di non favorire la candidata radicale, alla fine si è
rivelato provvidenziale, vista anche l’altissima percentuale di astensionismo, registrata qui come
in altre regioni, che ha scombussolato le previsioni di voto.

Ancora
più delicata la situazione in Piemonte, dove Roberto Cota
(centro-destra) ha vinto con il 47,32%, contro il 46,90% di Mercedes
Bresso: la percentuale di scarto è
stata davvero piccola, appena lo 0,42%. Qui l’UdC, il “partito dei
cattolici”, ha rischiato di consegnare la Regione ad una persona che,
pur capace politicamente, ha la medesima mentalità, idee e pensiero in
materia morale ed etica della Bonino, come ha ben spiegato lo stesso
Introvigne nell’articolo “La
problematica intesa UdC con la Bresso
” e come ho anche io
sottolineato e ripreso nel mio post “I valori non negoziabili nelle alleanze con i cattolici“.

Come cattolici, possiamo dunque dirci soddisfatti a metà. Sono
state sconfitte le due portatrici del messaggio anticristiano più
radicale. Nel Lazio, è quasi accaduto un miracolo, soprattutto dopo il
pasticcio delle liste del Pdl, ma anche in Piemonte possiamo tirare un
sospiro di sollievo.
Eppure c’è qualcosa che non va con una
rappresentanza, quella dell’UdC, che lascia il fianco scoperto proprio
sui valori che stanno a cuore ai cattolici veri (non quelli “adulti”
pronti al compromesso) e che ci ha esposto al rischio di ritrovarci una governatrice così dichiaratamente contraria ai princìpi cristiani.

D’altronde è
proprio nella regione del Nord che si è combattuta la più aspra battaglia. “In Piemonte un nuovo Family Day, decisivo il crollo UDC
titolava ancora una nota Facebook di Introvigne scritta dopo la vittoria (il
quale con l’associazione Alleanza Cattolica si è speso
in prima persona per predisporre un programma che mettesse al primo
posto la famiglia e la vita, sottoscritto insieme a Cota).
Ed
è proprio l’attenzione della Lega Nord alla realtà cattolica la novità di
queste elezioni.

Per chi (come lo scrivente) ha seguito un po’ le
vicende del partito “padano” nel corso degli anni, si tratta di una
lieta novità: la Lega ha infatti sempre guardato con estrema diffidenza a
tutto quello che era il mondo “romano”, compreso l’ambiente clericale
ed il Vaticano. Ultimamente, invece, le posizioni del partito da
populiste e urlate si sono trasferite su temi più riformisti e politici, e soprattutto la corrente interna dei cattolici, che prima era
quasi del tutto minoritaria nella Lega, è cresciuta ponendosi in
posizione di spicco all’interno della dirigenza, e fissando come
obiettivo i problemi etici e morali che insieme a quelli sociali ed
economici sono stati posti al centro delle campagne elettorali.

Torniamo
nel Lazio, perché qui l’andamento del voto nell’area di centro cattolica mostra un dato interessante, ed è probabile che le scelte fatte in altre regioni (come
ad esempio in Piemonte ed in Puglia) abbiano di fatto influenzato
l’opinione dell’elettorato cattolico più di quello che si ritiene.
Nelle precedenti
elezioni regionali, quando appoggiava il centro-destra, l’UdC aveva preso 217.390
voti (7,85%), in questa tornata invece ne ha presi 150.204 (corrispondenti al 6,12%) con un calo di 67.186
voti, che, anche al netto delle astensioni, rimane un calo significativo.

Sebbene, poi, il caso più “clamoroso” sia stato il Piemonte, anche in
Puglia si è consumato un pasticcio che ha avuto come risultato la sconfitta dell’UdC, con il tentativo (non riuscito) di creare un “laboratorio” che mettesse insieme centristi e Pd, in particolare la corrente D’Alema-Bersani che
voleva candidare Francesco Boccia contro il governatore uscente Nichi Vendola.
Sappiamo tutti com’è andata: ha vinto Vendola sia nelle primarie, ovvero
nel confronto interno al partito, sia nelle regionali, ovvero nel
consenso di popolo.

Quale conclusione si può trarre? Dove l’UdC ha
tentato la strada
dell’alleanza con il centro-sinistra, impropria sia sul piano politico (la base è di
centro-destra) sia su quello dei valori (la base è anche cattolica), è stato sconfitto
dagli elettori, sia sul terreno diretto sia anche a distanza (cioè come proiezione nazionale sul sentimento dell’elettorato). Questo dato non deve sorprendere, ed anzi è indice, a mio avviso, di
una tenuta morale che è ben più vivace tra i cattolici di quello che
sembri ai politici stessi. Di fatto, i cattolici hanno bocciato quello
che è stato ritenuto il percorso incoerente tenuto in quelle regioni,
percorso che è riassumibile in una sola parola: la rinuncia a tenere il punto sui valori non negoziabili in
nome di una problematica governabilità.
Al Nord, sostanzialmente, questa decisione è stata presa sia per “dar
contro” alla Lega, nemica giurata dell’UdC (ricambiata), e sia per dare una “lezione” a
Berlusconi, operazione che in entrambi i
casi è stato un insuccesso. Al
Sud, per un improbabile alleanza con
D’Alema – quello stesso che parla di umanesimo laico (da
contrapporre al personalismo cristiano, ça va sans dire).

La
ciliegina sulla torta, in tal caso, l’ha messa Burlando, unico
vincitore della coalizione di centro-sinistra con l’appoggio UdC: La Lega va affrontata come fecero i partigiani con i tedeschi“.
S
i commenta da sé che con tali programmi non si va molto lontano,
quantomeno perché si porta il confronto politico su un terreno di
scontro ideologico.

Come si possono conciliare le istanze
cattoliche ed i programmi di ispirazione cristiana con questi proclami? 
Gli elettori cattolici non ci hanno creduto più di tanto, ed hanno dato
più fiducia ad un Roberto Cota che sottoscrive un impegno per i valori
della vita e della famiglia che ad una compagine di centro-sinistra che
si accanisce contro chi difende questi valori, in nome di un livore non
meglio specificato o dipinto con toni apocalittici. Il dato interessante
è anche considerare proprio l’esito del voto, in Piemonte: è stata in
fondo la lista di Grillo a togliere voti alla Bresso che, altrimenti,
grazie all’aiuto dell’UdC avrebbe vinto.

E’ innegabile, dunque,
che il nuovo soggetto di centro di ispirazione cristiana che dovrà
nascere (auspicabilmente nel corso del 2010), del quale se ne parla da
due anni come “Costituente di Centro”, avrà un ruolo importantissimo,
gravoso, e delicato, nella disamina di queste istanze politiche,
sociali, valoriali, ed anche dal risultato del voto. L’auspicio è che
tutte quelle persone che guardano a sinistra nella costruzione del “nuovo centro” esaminino bene quali persone e quali istanze politiche siano veramente in
grado di fondare un discorso di piena adesione alla Dottrina sociale
della Chiesa senza cadere in ideologismi o contraddizioni, o peggio, in improbabili compromessi.


Quando Casini afferma che “dove l’UdC ha
corso insieme agli altri è stato determinante”, in realtà, non ha affatto torto: ma appunto è proprio
questo il problema, è determinante ugualmente a far vincere
il centro-destra come il centro-sinistra.
Questo si è visto bene proprio in Liguria,
dove Burlando è stato eletto con il 52,14% dei voti (sostenuto dall’UdC
che ha totalizzato il 3,93%): lo sfidante ha preso il 47,85, che sommato
al 3,93 dell’UdC fa 51,78, un risultato quasi uguale al vincitore. Dal
che si capisce che l’UdC avrebbe consentito la sua vittoria.

Dunque
l’UdC, in quanto ago della bilancia che fa vincere la destra o la
sinistra, più che “determinante” si può definire “responsabile”, dal
punto di vista di noi cattolici. E’ un partito cioè che si assume la
responsabilità di far andare al potere questa o quella persona. Ciò che
preoccupa, è che personaggi che con i valori dei cattolici non c’entrano
niente vadano in posizioni di potere politico determinanti per l’aspetto
pratico dei valori etici cattolici (come nelle regioni, dove si controlla la sanità). Di questa
responsabilità, e di quanto questa attenzione debba prevalere su
motivazioni di ordine politico o di mero interesse di potere, nell’UdC
c’è ancora poca consapevolezza.

C’è un altro problema in questo atteggiamento ondivago: oltre al discorso della responsabilità nella
scelta dei candidati (quello che viene chiamato dal partito “essere
determinanti”), il rischio è di risultare inaffidabili sia visti da
destra sia da sinistra. Quale affidabilità si può dare, infatti, ad un
soggetto politico che si schiera con coalizioni così diverse come quelle
che sostenevano Mercedes Bresso e Renata Polverini?

Allora, a
quanto pare la novità del panorama politico è da una parte la (solita) Lega che
cresce sempre di più e diventa anche un partito sensibile ai temi
cattolici, dall’altra un UdC che sta smottando
propro sui temi di valore morale in materia di principi non negoziabili, il suo terreno di battaglia.

Alla fine anche Travaglio ci sta bene in queste considerazioni con una citazione: “[In Puglia] Hanno
inseguito il mitico “centro” dell’Udc, praticamente un centrino da
tavola all’uncinetto, perché “guai a perdere il voto moderato”. Infatti
gli elettori sono corsi a votare quanto di meno moderato si possa
immaginare: oltre a Vendola, i tre partiti che parlano chiaro e si fanno
capire, cioè Lega, Cinque Stelle e Di Pietro.”
(“In poche parole,
un’altra Caporetto
“, Marco Travaglio)

Ed allora cos’è questo
centro? Un centrino, o un centrismo? Come tutte le parole che finiscono in “ismo”, si
tratta forse di un’altra ideologia che nasconde una certa pochezza
culturale e una base di pensiero debole (come il relativismo ed il laicismo)? Noi auspichiamo di no!

Questa vecchia idea della politica, questo “vecchio centro” ondivago e contraddittorio è proprio quello verso il quale dovrebbe rivolgersi il nascente nuovo centro, cercando invece il perseguimento di obiettivi chiari, principi chiari, e posizioni politiche chiare, che è poi quello che interessa agli elettori. Gli obiettivi non possono essere solamente il “bene comune”, parola generica e sulla quale si può innestare di fatto qualsiasi programma politico, ma un bene cristianamente inteso, che metta la persona al centro dell’idea politica, partendo dalla dottrina sociale della Chiesa, e percorrendo una strada che sia rispettosa dei princìpi non negoziabili, sui quali non si può scendere a compromessi. D’altro canto, come ago della bilancia e come partito realmente determinante, il nuovo centro ha la felice combinazione e coincidenza storica di porsi da una parte come “difensore” dei princìpi stessi lungo la via, e dall’altra come controllore del raggiungimento di tutti gli obiettivi, siano questi cristiani, sociali, economici, e politici, patrimonio del suo programma, pena il decadimento del proprio appoggio. Questo è il centro che auspichiamo.

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